domenica 16 giugno 2013

MODERNO “MEDIOEVO”





I miracoli confermano la verità di ciò che uno insegna e manifestano la presenza di Dio in chi insegna, afferma san Tommaso d’Aquino (S. T., III, q. 43). Essi possono essere compiuti solo per potenza divina, in quanto solo Dio può mutare l’ordine della natura e l’umano potere, per aiutare gli uomini a crescere nella fede. Per questo, Cristo operò miracoli di ogni genere. Come quando alla sua morte fece oscurare il sole (S. T. III, q. 44, 2), dimostrando così il suo potere anche sui corpi celesti a cominciare dal centurione fermo come la terra ai suoi piedi, il quale credette.
Meno visibile, ma ancor più portentoso, il miracolo che si ripete durante ogni Messa, al momento della consacrazione del pane e del vino. Miracolo che nessun’altra religione può vantare, nessuna magia può imitare e contro il quale le forze degli inferi non potranno mai prevalere. Esso si ripete a prescindere dalla santità del sacerdote che attua la transustanziazione, ossia la trasformazione della sostanza del pane e del vino nella sostanza di Gesù, morente sulla Croce, pronunciando le antiche parole stabilite dal rito.
L’ultimo miracolo eucaristico riconosciuto dalla Chiesa si è svolto pochi anni fa. Ed assume un significato particolare perché si svolse in una chiesa di Buenos Aires, ove era insediato l’allora cardinale Bergoglio. Il resoconto dei fatti è reperibile in un articolo di Fr. M. Piotrowski SChrriportato in diversi siti.
Il 18 agosto 1996, in una chiesa di Buenos Aires, una donna avvertì il sacerdote celebrante, don Alejandro Pezet, di aver visto gettare un’ostia consacrata per terra, in un angolo della chiesa. Il sacerdote corse a raccogliere l’Eucarestia profanata, la depose in un contenitore con dell’acqua, come per lavarla, e chiuse il tutto nel Tabernacolo.
Dopo otto giorni, il 26 agosto, aprendo il Tabernacolo scoprì che l’Ostia non si era decomposta, ma si era macchiata di sangue. Informò il cardinale Bergoglio, il quale inviò prontamente un fotografo per effettuare un accurato rilievo fotografico. Le fotografie mostravano che l’Eucarestia si era trasformata in un pezzo di carne sanguinolenta. Ed era inoltre cresciuta nelle dimensioni. Questo fenomeno venne tuttavia tenuto sotto riserbo, per diverso tempo.
Dopo tre anni, poiché l’Ostia sanguinolenta non si decomponeva, il Cardinale, peraltro esperto in chimica, pensò di farla esaminare scientificamente. Nell’ottobre del 1999, tramite il dottor Castanon, decise di inviare un frammento di particola insanguinata in un famoso laboratorio di analisi di New York. Bergoglio, pensò bene anche di non rivelare agli scienziati la provenienza del Reperto da analizzare, per non influenzare in un senso o nell’altro le indagini.
Il dottor Frederic Zubiga, noto cardiologo e medico legale, incaricato di effettuare le analisi, in breve tempo emise i risultati. Oltre a stabilire che il campione analizzato conteneva DNA umano, emise il responso nel quale si leggeva:
«Il materiale analizzato è un frammento del muscolo cardiaco trovato nella parete del ventricolo sinistro in prossimità delle valvole. Questo muscolo è responsabile della contrazione del cuore. Va ricordato che il ventricolo cardiaco sinistro pompa sangue a tutte le parti del corpo. Il muscolo cardiaco in esame è in una condizione infiammatoria e contiene un gran numero di globuli bianchi. Ciò indica che il cuore era vivo al momento del prelievo».
Proseguiva il dott. Zubiga: «La mia tesi è che il cuore era vivo, dal momento che i globuli bianchi, al di fuori di un organismo vivente, muoiono, perché hanno bisogno di un organismo vivente per sostenerli. Quindi la loro presenza indica che il cuore era ancora vivo quando il campione è stato preso. Per di più, questi globuli bianchi sono penetrati nel tessuto, ciò indica che il cuore aveva subito un grave stresscome se il proprietario fosse stato picchiato duramente sul petto». Egli infine confessò che mentre lo stava analizzando, il pezzo di cuore pulsava, proprio come se fosse vivo.
Lo scienziato venne interpellato dai consulenti inviati da Bergoglio a controllare lo svolgimento delle analisi circa il tempo di sopravvivenza dei globuli bianchi di sangue di tessuto umano in acqua. Rispose che il tempo di sopravvivenza in acqua di cellule bianche di tessuto umano è solamente di pochi minuti.
Solo allora venne informato della natura del reperto. Ossia, che il campione da lui analizzato era una particola consacrata, raccolta dalla terra, tenuta per un mese in acqua naturale, ed altri tre anni in un contenitore di acqua distillata. Di fronte a questa dichiarazione, lo sconcerto del dottor Zubiga aumentò, ed egli fu costretto ad ammettere:
«Come e perché un’Ostia consacrata avrebbe cambiato il suo carattere per diventare carne viva e sangue umano rimarrà un mistero inspiegabile per la scienza, un mistero del tutto al di là della mia competenza».
Quanto deve essere costata questa ammissione al molto illustre dottor Zubiga, scienziato di primo livello! Egli porterà imperituro ricordo del clamoroso insuccesso suo e della scienza in cui è tanto preparato. Come un povero studente umiliato dal professore, egli abbasserà lo sguardo ricordando il fatto al quale non seppe fornire adeguata spiegazione scientifica.
Può darsi che egli fosse agnostico o non credente, come gran parte dei grandi luminari della scienza, prima del “fatto”. E che qualcosa nel suo cuore sia mutato di fronte a questa palese violazione delle leggi chimiche. Un tremolio della sua intelligenza, un varco nella sua preparazione, nella sua professionalità tanto riconosciuta, di fronte alla constatazione dell’ignoranza umana, che facilmente si gonfia al vento di una ragione avulsa dalla fede.
Certamente, il dottor Zubiga sarà rimasto ancora più scosso sapendo che era stato eletto come nuovo papa il cardinal Bergoglio, proprio colui che gli aveva commissionato l’insolita indagine. Questo evento gli suonerà come un’attestazione dei prodigi che la Trascendenza opera tra gli uomini, per portarli alla conoscenza della Verità. Anch’egli si sentirà sempre più partecipe del disegno della Provvidenza, che non esclude nessuno, quale attendibile certificatore di quel miracolo eucaristico.
Cose da medioevo, pensava infatti di queste “superstizioni” il razionalista scientifico, l’esperto manipolatore della materia, il conoscitore dei più sofisticati processi chimici, prima di sperimentare tra le sue mani il prodigioso potere di Dio, prima di sentire un tessuto di cuore umano pulsare vita dove all'opposto avrebbe dovuto essere soltanto farina putrefatta.
Invece proprio lui, scienziato moderno, direttore di uno dei più prestigiosi centri di analisi americani, nell’era tecnologica e computerizzata, dovette riconoscere la presenza reale di Gesù Cristo nell’Eucarestia e condividere, forse anche solo per un attimo segreto, l’atto di fede dell’apostolo più freddo e incredulo, Tommaso, il quale, solo dopo aver messo le dita nelle ferite di Gesù risorto, esclamò con tutta la forza del suo cuore: «Mio Signore, mio Dio» (Gv 20, 28).
Noi speriamo che proprio questo semplice atto di fede nella misteriosa presenza reale di Cristo nell’Eucarestia, che abbiamo immaginato emergere tra i profondi solchi della sua ragione, diventi per questo ed altri uomini di scienza come quel «granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti i semi, ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra» (Mr 4, 21).