giovedì 18 ottobre 2012

DALL’ELIOCENTRISMO AL CRISTOCENTRISMO




La rappresentazione cristiana del cielo non trova corrispondenza nel sistema eliocentrico, perché questo scaturisce da una dottrina pitagorica che nega la realtà percepita, e la verità non può essere collegata con l’errore.
Abbiamo scritto infatti che l’eliocentrismo costituiva il simbolo del culto segreto del dio Sole che i sacerdoti egizi tramandarono ai pitagorici, insieme a tutti gli aspetti rituali e magici ad esso collegato riportato in auge dagli ermetisti rinascimentali.
Per definire un’immagine metafisica che rifletta il mondo in senso cristiano senza negare l’evidenza, conviene mettere tra parentesi il modello scientifico dell’universo elaborato sulla base della teoria copernicana e riconsiderare alcuni argomenti sviluppati dalla filosofia tomista e dall’insuperabile san Tommaso d’Aquino, troppo in fretta messi fuori dall’ambito della scienza razionale.
Come è noto, Copernico, nella metà del 1500, mise in piedi un traballante modello che postulava il sole centrale, intorno al quale ruotavano i pianeti, Terra compresa. Modello che non funzionava per nulla, perché in disaccordo con le osservazioni e le tabelle planetarie. Infatti le orbite dei pianeti erano supposte circolari e non ellittiche come poi dimostrò il pitagorico Keplero. Le cui tre famose leggi dimostrano la validità matematica del modello eliocentrico, ma non la sua realtà fisica. Nonostante la sua inconsistenza iniziale, il modello copernicano venne accolto con molto fervore dalle aristocrazie che avevano in odio il tomismo ed il magistero Romano.
Forse non per puro caso, l’incarico di dare consistenza scientifica al modello copernicano partì dall’università di Wittenberg, stessa città dove qualche anno prima (1517) Lutero (che criticò apertamente Copernico) aveva pubblicato le sue tristemente famose 95 tesi. Venne infatti affidato ad Erasmus Reinhold, astronomo presso tale università, l’impegnativo compito di preparare delle tavole dei moti celesti basate sulla teoria di Copernico. Queste vennero pubblicate nel 1551 con il nome di «Tavole Prutenicae», in onore del duca di Prussia.
Nella prefazione a questa opera, Reinhold dopo alcuni retorici complimenti, non rinunciò a proferire una tagliente critica, scrivendo che Copernico pur essendo un uomo di grande cultura: «tuttavia si sottrasse alla fatica della costruzione delle tavole, così che se si usano le sue tavole per fare i conti, il calcolo non è neppure in accordo con le osservazioni con cui si basano le fondamenta del lavoro».
Il modello copernicano non era nemmeno più semplice di quello geocentrico di Tolomeo perché in esso venivano utilizzati gli epicicli in modo addirittura maggiore. Inoltre, Copernico aveva postulato l’esistenza di un terzo moto della terra, oltre quelli di rivoluzione e rotazione, che denominò «moto in declinazione».
Del resto, Tycho Brahe (contrario al modello eliocentrico) riuscì a fornire predizioni superiori a quelle delle Tavole Prudeniche (copernicane) utilizzando le precedenti Tavole Alfonsine (di ispirazione tolemaica).

Pur non essendo né più preciso, né più semplice del sistema tolemaico, sotto la martellante spinta dei circoli anticlericali, il modello eliocentrico prese comunque il sopravvento su quello geostazionario, nonostante le sue basi fossero minate da un errore o abbaglio di base. Ed un piccolo errore iniziale come diceva san Tommaso diventa grande alla fine, perché viene a riflettersi anche in campi diversi da quello specifico dal quale ha tratto origine.
L’errore che caratterizza il modello eliocentrico è di tipo metodologico. In genere viene considerato come un grande merito compiuto da Galilei. Il quale, non potendo negare il movimento del sole attraverso il cielo, proclamò la fallibilità dei sensi e della percezione, contraddicendo tra altro la sua metodologia induttiva fondata sul valore delle “sensate esperienze”.
Galileo, infatti, da un lato proclama la validità del metodo sperimentale, il primato dell’esperienza sul fenomeno rispetto alla sua descrizione. Dall’altro, volendo far prevalere il credo eliocentrico, afferma la necessità di far “violenza al senso” (negando il fenomeno percepito), rispetto alla ragione stessa, ad imitazione dei pitagorici, i quali appunto insegnavano a proiettare sulla realtà l’illusione razionale.
Del resto, egli accettò il copernicanesimo non per la sua maggior economicità o precisione, ma per fede ed emulazione pitagorica, come si deduce da una sua Lettera Copernicana: «non posso trovare termine all’ammirazione mia, come abbia possuto in Aristarco e nel Copernico far la ragion tanta violenza al senso, che contro a questo ella si sia fatta padrona della loro credulità».
Il baratto galileiano della realtà con la sua rappresentazione ha aperto le porte alla determinazione di un mondo parallelo a quello reale, idealizzato razionalmente e virtualmente vero. Di conseguenza, la ragione risulta come prigioniera del suo potere immaginativo e creativo pressoché infinito, in base al quale continua a proiettare se stessa su una realtà razionalizzata producendo elementi su elementi, teorie su teorie.
Così la scienza induttiva basata sui protocolli sperimentali, tuttavia subordinata a formalizzazioni sempre più complicate ed astratte, contribuisce ad alimentare il distacco dalla realtà concreta, fornendo una conoscenza sempre più raffinata del modello teorico, più che della realtà stessa. Questo sdoppiamento della conoscenza si evidenzia appunto a partire dal movimento del sole, considerato apparente per salvaguardare la teoria che lo postula in quiete.
Il moto del sole percepito dallo strumento della vista da tutti utilizzato smentisce la teoria eliocentrica. Ma si preferisce smentire l’evidenza del fenomeno fin troppo palese, per salvaguardare una teoria che evidente non lo è affatto e che funziona soltanto nella mente immaginativa. La stessa sulla quale opera la magia.

Per definire un’immagine metafisica della realtà che la rifletta, senza voler negare le acquisizioni della scienza moderna, occorre partire da dati certi ed evidenti che la realtà stessa fornisce. Gli stessi ai quali si riferisce il realismo moderato di S. Tommaso d’Aquino.
Il primo dato certo è la quiete della Terra ed il movimento del Sole, dei pianeti e del cielo intorno ad essa. Movimento indubitabile da tutti percepito che si presenta come una specie di primo principio della conoscenza cosmologica.
Il secondo elemento è il senso di ordine che deriva dai corpi che si dispongono finalisticamente come dicevano gli Scolastici nel luogo corrispondente alla loro natura. I corpi pesanti verso il basso, i leggeri verso l’alto. Il basso e l’alto intesi non in senso relativo, ma assoluto.
Non è il centro della terra che “attrae” i corpi secondo la legge di gravitazione di Newton. Ma questi si muovono naturalmente verso il loro luogo per corrispondere alla legge d’ordine dell’universo che dispone il leggero sopra il pesante, l’alto sopra il basso.
Questa disposizione metafisica degli elementi secondo i classici strati sovrapposti (terra, acqua, aria, fuoco) è valida ovviamente in ogni luogo della Terra. Anche per gli abitanti situati in due punti opposti del nostro pianeta. In questo caso però l’”alto” dell’uno corrisponderebbe al “basso” dell’altro.
Affinché l’alto ed il basso abbiamo lo stesso verso anche agli antipodi si postula una forma metafisica della Terra che la consideri in senso esosferico, più che endosferico. Ossia, una Terra che contiene metafisicamente tutta la realtà percepita, rivolta così verso il centro, come i componenti di una tavola rotonda lo sono rispetto al centro della stessa.
Un universo concavo più che convesso. L’infinito nel finito. Un mondo rivolto verso l’interno della Terra, nel quale ruotano i cieli con tutti i corpi celesti sempre più insensibili, intorno al Centro universale e trascendente, l’Atto Puro, il Motore Immobile, prova dell’esistenza di Dio, secondo san Tommaso.
Nella cosmologia scolastica infatti Dio rappresenta la causa, il fine ultimo dell’universo. Il quale si muove perché mosso dal desiderio di ritornare in Dio, imitandone la perfezione, in quanto tutte le cose tendono naturalmente alla pura attualità, alla realizzazione della migliore forma possibile.
San Tommaso afferma che il sommo Bene attrae a sé il mondo e lo domina amorevolmente, perché «Dio è il fine di tutte le cose, come ne è anche il creatore: tutte le cose sono perciò soggette al governo, alla provvidenza divina» (S. T. q. 103, 5).
E se Copernico nel capitolo X del suo «De revolutionibus» scriveva che il centro del mondo deve essere attribuito al Sole, a maggior ragione affermiamo che il mondo deve essere centrato nel Dio Trinitario, il quale «come su un trono regale, governa la famiglia degli astri che gli sta intorno», parafrasando le stesse parole che Copernico utilizzò per presentare il Sole non come creatura, ma nello stesso senso di Ermete Trismegisto, ossia come “Dio visibile”.
Gli scolastici ritenevano che i sette pianeti visibili fossero collocati su altrettante sfere trasparenti, dette anche cieli. Esterni a questi, l’ottavo cielo delle stelle fisse ed il nono cielo, il Primum mobile, l’Empireo, cielo di Dio. Tutto questo all’esterno della Terra considerata immobile ed al centro dei nove cieli. Ovviamente, sempre meno materiali.
Ribaltando questa immagine dei cieli, cambiando la circonferenza con il centro, si determina una nuova immagine metafisica dell’universo, considerato interno alla Terra e centrato nell’Empireo, il Primo motore incorporeo e non quantificabile. Questo è anche definibile come Appetibile (ciò che muove, senza muoversi) essendo l’unico motore non mosso rispetto all’Appetente (ciò che è mosso).
Al Motore Immobile spetta il luogo nel quale tutto confluisce e dal quale tutto prende energia, ossia il centro, mentre la Terra corrisponde all’estremo universale, la sfera materiale più bassa della creazione. Il cielo con tutti i suoi elementi sempre meno sensibili ruotano internamente alla Terra intorno al Centro universale, l’Appetibile, a velocità costante, trascinati dal movimento perpetuo e circolare dell’impalpabile “etere”.
E poiché la natura non fa nulla senza uno scopo, ma sceglie sempre la possibilità migliore, il cielo, come dicevano gli Scolastici, si muove secondo la direzione più nobile, verso destra. Dove tutti noi vediamo effettivamente sorgere e tramontare ogni giorno Sole, stelle e pianeti.
Tutto questo secondo un’armonia che rispecchia la perfezione dell’ordine dinamico, che Dio ha impresso nell’universo per manifestare la sua Gloria, per partecipare anche alla più infima creatura il perfetto splendore del suo Essere divino, immutabile ed imperturbabile nella sua perenne felicità.