venerdì 24 agosto 2012

LA "CONTRO-ALLEANZA"



Sulle suggestive sponde del lago di Albano una cinquantina di anni fa venne redatta la costituzione pastorale Gaudium et Spes, il documento più ampio ed anche più audace emesso dal Concilio Vaticano II. Esso invita ad un atteggiamento d’apertura e comprensione verso quel mondo giudicato con sospetto prima del Concilio.
La Chiesa preconciliare infatti aveva messo a fuoco e stigmatizzato senza equivoci le dottrine erronee ed i principali errori del tempo moderno. Il «Sillabo» (1864) di Pio IX analizza uno per uno questi errori, già messi in evidenza dai suoi predecessori in Encicliche e Lettere apostoliche, a partire da Clemente XII con la Costituzione «In Eminenti», del 28 aprile 1738.
Errori elencati in ordine: panteismo - naturalismo - razionalismo - indifferentismo - socialismo - comunismo - società segrete (massoneria) - errori sulla società civile considerata sia in sé stessa che nei suoi rapporti con la Chiesa - errori sulla morale - sul matrimonio cristiano - sul primato civile del Romano Pontefice - errori che si riferiscono al liberalismo contemporaneo.
Ebbene, tutto questo corpus ideologico erroneo, secondo il punto di vista del cattolicesimo tradizionale, non trova traccia in tale documento conciliare. Non per niente, l’allora cardinale Ratzinger definì la Gaudium et spes come: «una revisione del Sillabo di Pio IX, una sorta di anti-Sillabo … nella misura in cui rappresenta un tentativo di un’ufficiale riconciliazione della Chiesa col mondo quale si è evoluto dopo il 1789» («I principi della teologia cattolica», 1985, pp. 425-427).
Infatti, mentre il Sillabo condanna senza mezzi termini le devianze ideologiche della società moderna connesse allo spirito illuministico (massonico) ufficializzato dalla rivoluzione francese, la GS accoglie invece benevolmente gli aspetti positivi che derivano da questo stesso spirito, senza mettere in opportuna evidenza quelli negativi, come se il mondo non nascondesse pericolose insidie, dietro la facciata del progresso tecnologico e culturale, dietro le rivendicazioni del liberismo e del progressismo laicista.
Senza risalire alle cause delle problematiche presenti nella società moderna, l’ottimistica costituzione pastorale GS non riporta nessun cenno sul pericolo derivante dall’azione delle sette esoteriche, delle officine massoniche assai attive nella società contemporanea attraverso radio, televisioni, giornali, case editrici, siti internet, università, banche, etc. Attraverso questi potenti mezzi, la propaganda laicista è riuscita così a rivoltare le carte in tavola, creando anche all’interno della Chiesa una profonda frattura e divisione.
Costituisce infatti un dato evidente che oggi, alla luce dei documenti conciliari, le posizioni espresse dalla Chiesa tradizionale, antimassonica, antimodernista, siano divenute oggetto di critica e di riserva da parte della Chiesa post conciliare. Le aperture verso la modernità proposte dalla GS sembrano costituire a tutti gli effetti un luogo di contraddizione rispetto alle posizioni tradizionali espresse dalla Chiesa.
È dunque evidente che la Chiesa contemporanea non corrisponde a quella preconciliare nella liturgia, pastorale, lingua, ecc. Anzi, in questo le si contrappone. Al punto che già lo stesso Paolo VI parlò della possibilità di uno scisma al suo interno: «Un fermento praticamente scismatico divide, suddivide, spezza la Chiesa … Vi sono anche tra noi quegli “schismata”, quelle “scissurae” che la prima lettera ai Corinzi di san Paolo dolorosamente denuncia» (Omelia in Cena Domini, 1969).
Difatti, alla luce della GS si è determinato non solo un distacco dalla Tradizione. Ma addirittura una sorta di condanna più o meno mascherata della Chiesa post-conciliare verso la Chiesa post-tridentina, verso il latino, gli altari rivolti a Dio, la concezione gerarchica, il primato di Pietro, la talare, ecc.
Molti di noi, fedeli “moderni”, siamo persuasi dalla falsa idea che tutto quanto caratterizza la Chiesa preconciliare sia ormai sorpassato ed appartenente ad un Medioevo oscuro definitivamente tramontato. Come se la storia bimillenaria che costituisce la Traditio Ecclesiae e dalla quale è nata la stessa “Chiesa moderna” fosse stata messa tra parentesi, dopo il processo irreversibile avviato dalla pastorale espressa dal Vaticano II. Nonché della sua conseguente bonaria apertura verso il mondo del progresso tecnologico, ideologicamente indifferente ai principi evangelici.
Sembrano così appartenere alla preistoria le tracce dell’enciclica di Leone XIII, Umanum Genus (20/4/1884), contro la massoneria. Documento nel quale il genere umano viene giudicato come diviso in «due campi diversi e nemici tra loro». Il primo ordinato alla diffusione della verità e del bene. Il secondo foriero dell’errore e del male. «Il primo è il regno di Dio sulla terra, cioè la vera Chiesa di Gesù Cristo … Il secondo è il regno di Satana, e sudditi ne sono quanti, seguendo i funesti esempi del loro capo e dei comuni progenitori, ricusano di obbedire all’eterna e divina legge, e molte cose imprendono senza curarsi di Dio, molte contro Dio».
In sostanza, si affermava l’agostiniana contesa tra la città di Dio e la città terrena. Ma Leone XIII specificava ulteriormente che «i partigiani della città malvagia, ispirati ed aiutati da quella società, che largamente diffusa e fortemente congegnata prende il nome di Società Massonica, pare che tutti cospirino insieme, e tentino le ultime prove».
Un “complottista” di prima qualità Leone XIII. Il quale tuttavia si poneva su una linea di continuità rispetto ai suoi predecessori. A partire da Clemente XII che condannò la massoneria pochi anni dopo la sua fondazione ufficiale del 1714 in una taverna di Londra, nella Costituzione In eminenti, del 24 aprile 1738. Seguito poi da Benedetto XIV (Cost. Providas, 18 maggio 1751); Pio VII (Cost. Ecclesiam a Jesu Christo, 13 Settembre 1821). Leone XII (Cost. Quo graviora, 23 Marzo 1825), «abbracciando in questo punto gli atti e i decreti de' suoi Antecessori, li ratificò e suggellò con irrevocabile sanzione. Nel senso medesimo parlarono Pio VIII (Encicl. Traditi, 31 Maggio 1829), Gregorio XVI (Encicl. Mirari, 15 Agosto 1832) e più volte Pio IX (Encicl. Qui pluribus, 9 Novembre 1846. Alloc. Multiplices inter, 25 Settembre 1865, ecc.)», si legge ancora nella HG.
Una indiscutibile e formidabile linea di unità e continuità nella pastorale ecclesiastica, che Leone XIII rilanciò al suo successore Benedetto XV. Il quale, nel 1917, l’anno delle apparizioni di Fatima, regolamentò nei canoni 684 e 2335 del Codex Juris Canonici la scomunica alla massoneria universale, implicitamente affermata dai Papi a partire dal 1738.
Netta, lineare e senza spazi di trattativa dunque la presa di posizione della Chiesa Romana nei confronti di logge e officine massoniche, giudicate in modo assolutamente negativo, proprio in ordine alla loro insidiosa pericolosità seduttiva.
Dopo cinquant’anni, l’atteggiamento di chiusura della Chiesa nei confronti della massoneria, si è mitigata nei termini e nella sostanza. Il solco insuperabile un tempo posto fra questi fronti contrapposti trovò diversi luoghi di contatto, determinati dalla ricerca di ciò che unisce rispetto a ciò che divide. Nella Gaudium et spes l’apertura al dialogo proposta ai singoli fedeli ed alle Chiese particolari non deve escludere nessuno: «né coloro che hanno il culto di alti valori umani, benché non ne riconoscano ancora la Sorgente, né coloro che si oppongono alla Chiesa e la perseguitano in diverse maniere» (GS 92 f).
Eppure qualcuno viene escludo da questo dialogo a tutto campo. Sembra paradossale, ma l’apertura verso il mondo sollecitata dalla Chiesa post conciliare corrisponde necessariamente ad una chiusura verso la Chiesa preconciliare che escludeva ogni trattativa e dialogo con quelli che si oppongono alla Chiesa e la perseguitano in varie maniere. Ossia, alla massoneria ed alle sette segrete. Questo per non incorrere nell’ingenuità di Eva che, per dialogare con la serpe, finì col trasgredire gli ordini divini.
Nel Pantheon dell’antica Roma erano ammesse tutte le religioni tranne quella cristiana. Nel pantheon moderno, sono ammesse tutte le correnti ecclesiali ed extra. Tranne una. Quella legata al tradizionalismo. Eppure Benedetto XVI ribadisce ad ogni occasione la necessità dell’ermeneutica della continuità, rispetto alla Tradizione, per non soffocare lo Spirito di Dio che agisce in tutti gli uomini ed in tutti i tempi.
Ma al giorno d’oggi le carte sono state mischiate al punto che la Chiesa contemporanea trova più elementi di contatto con il suo nemico di sempre, la massoneria, rispetto a quanti ne riconosca con la Chiesa preconciliare. Come se si fosse determinata una “contro alleanza” rivolta verso chi in precedenza giudicava insanabile questa contrapposizione. Infatti, paradossalmente, una parte della Chiesa sembra essersi alleata con quell’associazione che i Papi preconciliari definivano il nemico del genere umano. In una recente pubblicazione filo-massonica, si legge che «Chiesa e Massoneria sono dunque, nella realtà dei fatti, molto più vicine di quanto non lo siano Chiesa e Fraternità sacerdotale “San Pio X”, anche nel rispetto e nel riconoscimento delle fonti cui attingono» (M. Biglino, Chiesa Romana Cattolica e Massoneria – Realmente così diverse?, Infinito Edizioni, Collegno (To), 2009, p. 79).
Un pasticcio senza precedenti. Un’affinità incomprensibile, quella tra Chiesa e massoneria, se non alla luce delle ammonizioni che riguardano gli ultimi tempi, quando l’inimicus hominis riuscirà a confondere fin dove è possibile anche gli eletti. Costituisce peraltro una dolorosa realtà il fatto che la Chiesa non sia più garanzia di verità, proprio perché ha perso la sua unità e coesione interna.
Da una parte, le ragioni della Chiesa post-conciliare in dialogo anche con la massoneria. Dall’altra, l’irriducibilità di quella tradizionalista anti-massonica. In mezzo, tanti fedeli in buona fede, disorientati, in attesa dello sviluppo degli eventi. Tutto questo ovviamente a grande vantaggio dell’avversario.
Tuttavia, nei tempi più difficili, il Signore ha assicurato di riservare a sé un “resto d’Israele” (Rm 11, 4-6). Quelle ginocchia (1 Re 19, 18) che non si piegheranno davanti ai falsi idoli delle fede e della ragione, nonostante i giudizi negativi di chi invece trae vantaggio dal mercanteggiare con essi.