martedì 5 ottobre 2010

NEWTON E LA CROCIATA MASSONICA DEL SETTECENTO (prima parte)




Un aspetto in genere molto sottovalutato della personalità di Newton, che tuttavia sta venendo a galla in modo sempre più evidente, anche in base alla pubblicazione di alcuni suoi manoscritti segreti[1], è il vivo interesse che questo scienziato nutrì per la cosiddetta “sapientia veterum”. Interesse che tanto influì nella determinazione delle sue principali scoperte scientifiche, fra le quali la famosa legge di gravitazione universale, che egli giustificò: <<in uno scolio classico ai Principia, sulla base di considerazioni musicali, e di cui attribuì la scoperta a Pitagora stesso!>>[2]. Fu proprio dallo sfondo mitologico del pitagorismo che lo scienziato prese ispirazione per la soluzione dei molti problemi scientifici affrontati fin dagli anni giovanili di Woolsthorpe.

La propensione di Newton ad attingere dal passato conoscenze recondite ed obliate, secondo una tendenza tipicamente rinascimentale, lo indusse a ricercare il senso nascosto delle Sacre Scritture, non alla luce dello Spirito Santo, ma esaminandole mediante vere e proprie regole interpretative[3]. Questo tentativo di elaborare un’esegesi biblica del tutto personale non poteva che portarlo fuori strada, sfociando cioè nella violazione dei canoni propri dell’ortodossia religiosa. A tale proposito, Thomas Hearne, che lo conobbe bene, scrisse che: <<Sir Isaac, anche se fu un grande matematico, fu un uomo poco religioso, tanto più che si schierò con gli eretici dell’epoca>>.

Nonostante il suo proclamato arianesimo, credenza non certo in voga nell’Inghilterra puritana del settecento, Newton bruciò le tappe di una ammirabile carriera, iniziata con la nomina di fellow al Trinity College di Cambridge. E culminata, nel 1669, con la cattedra di Lucasian Professor di matematica, ottenuta sotto una specialissima dispensa del re Carlo II che lo esonerava dall’obbligo di prendere gli ordini religiosi. Il suo maestro e predecessore Isaac Barrow, infatti, era stato anche Cappellano reale.

Dal punto di vista politico, le sue posizioni nettamente contrarie a quelle della fazione cattolica e tory, che auspicava la restaurazione della monarchia degli Stuart, gli valsero l’elezione, nel 1689, dopo la caduta degli stessi Stuart, a deputato nel Parlamento inglese, nelle file “progressiste” dei whig. In seguito, ricevette la nomina a direttore della Zecca Reale, carica che svolse con zelo persino eccessivo, dal momento che, per crimini contro il conio, mandò alla forca ventotto persone. Tra queste, un tale William Chaloner, che aveva osato indicare nello stesso Newton ed in altri eminenti burocrati i veri responsabili delle contraffazioni e degli abusi commessi all’interno della Zecca.

Newton ricoprì anche la carica di Presidente della Royal Society, che mantenne per ventiquattro anni, fino alla sua morte, avvenuta nel 1727. Persino negli ultimi istanti di vita, Newton manifestò alla nipote, in piena coscienza, la sua avversione a Dio ed alla Chiesa, rifiutando il sacramento dell’estrema unzione. Rifiuto che tuttavia non dovette facilitargli il fatidico transito, se è vero che: <<Il dolore di Newton salì a tale livello che, con meraviglia dei presenti, il letto sotto di lui e la stanza stessa furono scossi dai suoi spasimi; tale fu la lotta che la sua grande anima sostenne nel lasciare il suo involucro terreno>[4].

Manie segrete
Abbiamo rapidamente richiamato alcuni aspetti relativi alla vita pubblica di Newton, per mettere in evidenza quelli privati, non altrettanto ragguardevoli, che tuttavia sono di primaria importanza per comprendere il senso intimo della sua produzione scientifica. Spesso infatti si tende a credere che il formalismo fisico-matematico che conforta teorie e modelli scientifici sia del tutto asettico, privo cioè di influssi e condizionamenti ideologici dello scienziato che lo ha elaborato. Ma tale credenza costituisce un deprecabile, quanto diffuso inganno, dal momento che, in realtà, è la fede privata, più o meno manifesta, degli scienziati a guidare ed a determinare gli indirizzi della loro ricerca scientifica. E l’ideologia che domina e al tempo stesso si trasmette nelle più importanti teorie elaborate dalla scienza moderna è il pitagorismo, con tutti i suoi risvolti mitici e mistici. Non solo Pitagora, dunque, ma anche Ermete.

In questo senso, Newton fu il padre, oltre che della fisica classica, anche dell’ormai generale tendenza “metodologica” di trasmettere attraverso la scienza manifesta, dottrina privata. Da buon pitagorico infatti egli riuscì a dissimulare le sue manie segrete, che investivano la sfera magica della natura, dalle quali tuttavia attingeva continuamente per orientare le sue indagini razionali, ed anche le sue norme etiche. 

Indicative tracce di queste ricerche esoteriche traspaiono, come dicevamo all’inizio, dai suoi manoscritti ancora inediti. Questi scritti, <<che ammontano a un milione di parole, costituirono un vero e proprio scandalo. Essi furono universalmente rifiutati, in varie riprese: dalla Royal Society, dal British Museum e da molte università, comprese Harward e Princetown. Venduti all’asta nel 1936, giacciono ora a Cambridge e Gerusalemme, in massima parte inediti>>, afferma ancora il “magnifico” Odifreddi[5].

Non è difficile comprendere per quale ragione siano ancora censurati i codici di colui <<che per ingegno ha superato ogni altro uomo>>[6], alla luce del vivo interesse che questo personaggio nutrì per la filosofia occulta, ed in particolare per la disciplina alchemica. Sembra proprio che l’arte arcaica del solve et coagula, e non l’indagine fisico-matematica della natura, costituisse l’interesse primario al quale Newton conformò anche la propria etica. A riguardo, egli scrisse: <<Coloro che vanno alla ricerca della pietra filosofale [sono] per le loro stesse regole tenuti a [condurre] una vita severa e religiosa>>[7].

Alchimia dunque intesa non secondo i canoni comuni, che la interpretano come una pittoresca attività di manipolazione dei metalli, ordinata alla preparazione dell’elisir di lunga vita o di altre apparenti assurdità. Ma secondo un significato più profondo, celato da un linguaggio altamente simbolico, che la designa invece come disciplina mistica, finalizzata alla trasformazione della pietra grezza in oro, ossia dell’uomo profano in presunto “mago”, in possesso delle conoscenze che consentirebbero di entrare in contatto ed interagire con gli aspetti più intimi della natura.

Questo significato simbolico – riconosciuto da <<tutti gli alchimisti [i quali] dichiarano che la loro Arte è una pratica esoterica che persegue scopi analoghi o affini a quelli delle grandi tradizioni esoteriche e mistiche>>[8] – è riconducibile alla teoria della Coincidentia oppositorum, tipica espressione rinascimentale dell’immanentismo neoplatonico, ed alla simpatia universale, presunta causa del legame profondo che nella visione magico-dialettica collegherebbe tutto con il tutto.

I preti della natura
Dicevamo anche che gli interessi esoterici di Newton ebbero molta influenza nel determinare la nota prospettiva scientifica da lui proposta. Peraltro, non siamo i soli a sostenere che per definire una dinamica celeste formalmente corretta: <<Newton si era servito di immagini e concetti tratti dai suoi studi alchemici e dalle ricerche sull’antica teologia; poi per completare il processo, aveva escogitato esperimenti replicabili estrapolando infine il suo concetto della gravità e giungendo a una descrizione rivoluzionaria della gravitazione universale>>[9].

A monte del lavoro scientifico di Newton è dunque presente una concezione mitica dell’universo, che diventa ancora più evidente nella sua importanza, se si considera che, come egli stesso ammette, proprio dalla cosmogonia pitagorica prese avvio la sua famosa legge di gravitazione universale, che: <<Pitagora aveva scoperto e poi occultato; i suoi seguaci se l’erano tramandata in formule criptiche per sottrarla alle irrisioni del volgo. Le immagini del Sole come Apollo Musagete che suona la lira dalle sette corde, o come Pan che soffia al suo flauto dalle sette canne erano, evidentemente, un’allegoria del sistema eliocentrico con i sette pianeti>>[10].

Sempre in questa prospettiva mitologica, Newton giunse alla convinzione che non solo Pitagora aveva ricevuto il bagaglio delle conoscenze segrete direttamente da Mosè. Ma che addirittura: <<A Noè e ai suoi figli era stata rivelata da Dio la filosofia eliocentrica, che Copernico riscoprirà molte generazioni dopo. Ma questa sapienza si era persa a causa di falsi interpreti>>[11].

Questa significativa affermazione indica che l’adesione dello scienziato inglese all’eliocentrismo è riconducibile ad una causa innanzitutto metafisica e religiosa, successivamente tradotta in scienza attraverso rigorosi termini fisico-matematici. Infatti, se Newton era fermamente convinto che la teoria eliocentrica fosse frutto di una rivelazione divina, allora non poteva che accettarla al pari di una verità rivelata, una sorta di dogma naturalistico, da sostenere con tutta la forza del razionalismo geometrico.

In base a questo suo personale convincimento, Newton non poteva che far corrispondere la Chiesa Cattolica alla falsa immagine e alla Meretrice di Babilonia, unica responsabile della degenerazione del “divino” eliocentrismo, avvenuta nei lunghi secoli medievali, durante i quali il magistero ecclesiastico aveva appoggiato la dottrina geocentrica, con i suoi sviluppi metafisici fondati sul realismo moderato di San Tommaso d’Aquino.

Nella sua essenza profonda, l’opera scientifica di Newton può dunque essere intesa come una tendenza a riportare in auge il corpus delle più occultate credenze pitagoriche, attraverso i nuovi canoni dell’indagine quantitativa: <<Per Newton la sua legge della gravitazione universale non era altro che la rinascita più autentica del Pitagorismo, e certamente non era l’unico a scorgere in esso l’unità della scienza e della conoscenza, della politica e dell’etica, della religione, la dimensione essoterica e dell’esoterica: l’iniziazione. Lo dimostrò col silenzio, davvero pitagorico, con cui avvolse i decenni di studi alchemici>>[12].

È curioso peraltro notare che i padri della cosiddetta scienza moderna, i “preti della natura”, per usare un’espressione di Boyle, nel presentare le loro opere intrise di teologia naturalistica si appellarono a filosofi del passato, alquanto obliati, come a voler segnare un tratto di continuità con quel passato remoto, più che un solco di rottura con quello del sapere vigente. Ad esempio, Copernico si richiamò ad Aristarco, e di passaggio anche ad Ermete; Galilei fondò la sua indagine su Archimede.

Lo stesso Newton: <<all’inizio della prefazione dei “Principia” esce nella famosa quanto lapidaria affermazione: “gli antichi, come dice Pappo, nelle investigazioni della natura fecero il massimo conto della meccanica”. Fra le qualità occulte, e le forme sostanziali degli scolastici, e la scienza moderna di Galilei e Newton, stanno, solenni, i libri di Archimede e di Pappo>>[13].

Credenze “spiritistiche”
Proprio i riferimenti alle più antiche credenze e attinenze magiche della realtà, sembrano costituire il fulcro degli inediti newtoniani, sui quali giace ancora un imbarazzato riserbo. Consideriamo infatti che verso la fine del 1600 stavano prendendo piede in tutta Europa, e non solo nelle fasce popolari della società, superstizioni collegate a pratiche divinatorie ed evocatorie del tutto incredibili. Persino personaggi del calibro di Robert Boyle, insieme ad altri illustri membri della Royal Society londinese: <<non avevano alcun dubbio sul fatto che spiriti disincarnati, streghe e demoni producessero degli effetti sul mondo della natura>>[14].

Non disgiungendo dunque il mondo naturale da quello impalpabile, nel quale aleggiano esseri soprannaturali, <<gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti>>, ai quali allude san Paolo (Ef 6, 12), erano molti i “preti della natura” che trovavano del tutto legittimo interpretare il mondo fisico non solo dal punto di vista sensibile e quantitativo. Sempre Boyle, infatti, scrisse che credere all’azione degli spiriti nell’ambito naturale era addirittura utile per la teologia, in quanto: <<L’esistenza di esseri intelligenti che non sono comunemente visibili contribuisce in maniera determinante a redimere gli atei>>[15].

Nessuna sorpresa allora se lo stesso Newton potesse condividere l’idea che il Corpus Hermeticum: <<fosse stato “trasmesso” all’umanità da entità soprannaturali>>[16]. Ovvero, da spiriti disincarnati, in grado di rispondere in modo tangibile, attraverso i canoni del rito e del sacrificio, ad opportune evocazioni ed invocazioni, finalizzate a promuovere ed a “guidare” nel corso dei secoli una presunta evoluzione conoscitiva e spirituale dell’intera umanità[17].

Questa affermazione, anche se mirabolante, non deve stupire più di tanto. Non sono mancate autorevoli attestazioni anche nell’ambito della cultura ufficiale, in ordine alla possibilità che tali contatti siano effettivamente perseguibili, e perseguiti. Senza compromettersi più di tanto, lo stesso Kant non esitò a dichiarare che: <<Si giungerà un giorno a dimostrare che l’anima umana vive in una stretta unione con le nature immateriali del mondo degli spiriti; che questo mondo agisce sul nostro e  gli comunica impressioni profonde>>[18]

San Tommaso peraltro avverte che i demoni sono in grado di stabilire relazioni tangibili con gli uomini, e che possono anche trasmettere delle mezze verità: <<così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti>> (Mt 24, 24). Testualmente: <<L’insegnamento che i demoni impartiscono ai loro profeti contiene delle verità che lo rendono suscettibile di accettazione: poiché l’intelletto si lascia condurre alla falsità dall’apparenza della verità, come la volontà si lascia trascinare al male dall’apparenza del bene>>[19].

Alchimie
Non costituisce peraltro una novità, che Newton fosse scienziato pubblico ed alchimista privato, se non per il “peso” da attribuire a tale attestazione. Betty Teeter Doobs, dopo aver studiato a fondo il poco evidenziato interesse alchemico dello scienziato inglese, è giunta alla conclusione che egli sperimentò: <<tutte le operazioni dell’antica alchimia, così come non si era mai fatto prima né si farà dopo di lui>>[20].

Stando a questa affermazione, Newton perseguì un alto grado di iniziazione alchemica, che gli consentì di svolgere un ruolo centrale non solo nell’ambito scientifico, ma soprattutto in quello iniziatico. Si consideri inoltre che in quel periodo la linea di separazione fra scienza e magia, pur se declamata, non era ancora stata demarcata con chiarezza. Tuttavia, che Newton avesse una base di sostenitori ed epigoni in campo iniziatico, si deduce anche dal fatto che egli giunse addirittura ad interrompere: <<la composizione dei Principia nella primavera del 1686 per eseguire alcuni esperimenti alchemici>>[21]

Forse questi esperimenti alchemici non furono di natura strettamente formale e metallurgica, come potrebbe apparire a prima vista. È probabile infatti che dal punto di vista simbolico questi “esperimenti” rispondessero alle richieste di trasformazione strutturale che si erano evidenziate all’interno delle corporazioni segrete, che in quel periodo operavano efficacemente in Londra. Già dagli anni Trenta del Seicento infatti iniziarono le aperture delle logge a persone estranee all’arte muratoria: <<e forse non è un caso che si trattasse di personalità con interessi ermetici ed alchemici>>[22].

Giorgio Galli fa inoltre notare che il 1686 è proprio l’anno nel quale le logge massoniche, trasformandosi da operative a speculative, aprirono i portali della conoscenza iniziatica anche ai non appartenenti alla professione muratoria. Un esperimento, questo, di trasformazione intima, che si potrebbe definire “alchemico”, al quale potrebbe benissimo aver preso parte, se non addirittura diretto, il padre della dinamica celeste, l’ispiratore della nuova filosofia naturale.

È peraltro noto che questa rivoluzione massonica, che corrispose ad una vera e propria metamorfosi interna alla corporazione muratoria, culminò il 24 giugno del 1717, con la fusione delle quattro Logge di Londra nella Grande Loggia Madre del Mondo. E che uno dei principali fautori di tale svolta, fu John Theophilus Desaguliers (1683-1774), figlio di un pastore protestante francese rifugiatosi in Inghilterra per motivi religiosi: <<amico intimo di Newton, membro della Royal Society, e divulgatore delle dottrine newtoniane>>[23].

Desaguliers si ispirò costantemente alla dottrina di Newton, per legittimare solo quel governo che si conformasse alle leggi della natura ed al suo sistema d’equilibrio, indicando nell’opera scientifica di Newton, in particolare nella pitagorica legge di gravitazione, la filosofia dalla quale trarre l’etica necessaria per mantenere stabilmente i nuovi equilibri sociali, culturali, e religiosi che si stavano delineando in funzione della democratizzazione sociale proclamata dalle nascenti corporazioni massoniche.




[1] I manoscritti segreti di Newton, di carattere teologico ed iniziatico, vennero messi all’asta (Sotheby’s) nel 1939 dai suoi eredi. L’economista inglese John Keynes ne acquistò una buona metà, che lasciò al King’s College di Cambridge. L’altra parte venne acquistata dall’orientalista ebreo Abraham Salomon Ezekiel Yahuda, e donata in seguito allo Stato d’Israele, che a sua volta li affidò alla Biblioteca Nazionale di Gerusalemme. Dal 2003 alcuni di questi manoscritti sono stati messi in mostra, ma la gran parte è ancora inedita.
[2] P. Odifreddi, Il Vangelo secondo la Scienza, Einaudi, Torino 1999, pagina 40.
[3] I. Newton, Trattato sull’Apocalisse, a cura di M. Mamiani, Bollati Boringhieri, Torino 1994, pagina 21: Regole per interpretare le parole e il linguaggio delle Scritture.
[4] W. Rankin, Newton – Per cominciare, Feltrinelli, Milano 1996, pagina 162.
[5] P. Odifreddi, citato, pagina 178.
[6] <<Newton qui genus humanum ingenio superavit>>, iscrizione posta alla base della statua dello scienziato, posta all’ingresso della Cappella del Trinity College a Cambridge.
[7] Citato in M. White, Newton , l’ultimo mago, Rizzoli, Milano 2001, pagina 171.
[8] M. Eliade, Il mito dell’alchimia, Bollati Boringhieri, Torino 2001, pagina 11.
[9] M. White, citato, pagina 275.
[10] (A cura di) P. Casini, I. Newton - Il Sistema del Mondo e gli scolii classici, Edizioni Theoria, Roma 1983, pagina 13.
[11] <<Newton sposa inoltre il mito secondo il quale Pitagora ricevette gli elementi di questa sapienza da Mosco il Fenicio. Secondo questa tradizione, sostenuta anche da Ralph Cudworth, Mosco non sarebbe che un altro nome per Mosè>>, N. Guicciardini, Newton: un filosofo della natura e il sistema del mondo, collana: I grandi della scienza, <<Le Scienze>>, Milano, anno I, n. 2, Aprile 1998, pagina 41.
[12] M. Nicosia, citato, pagina 73.
[13] E. Garin, La cultura del Rinascimento, Milano 1988, pagina 42.
[14] S. Shapin, La rivoluzione scientifica, Einaudi, Torino 2003, pagina 34 e seguenti.
[15] Ibidem, pagina 167.
[16] M. White, citato, pagina 154.
[17] <<Ci è stato recentemente svelato (Cerchio Kappa di Roma) come il mondo dello Spirito, dal Kardec ad oggi, abbia svolto e svolga un vero e proprio “progetto spiritico”, nel senso che esisterebbe un programma – che si sviluppa tramite l’alta medianità intellettiva – per assistere e promuovere l’evoluzione conoscitiva e spirituale dell’umanità (ed anche prepararci a quanto succederà tra breve e cioè all’aprirsi di quell’Era dell’Acquario, o New Age, che è ormai alle porte>>, E. Cellina, L’insegnamento medianico, citato in F. M. Dermine, Mistici veggenti e medium – Esperienze dell’aldilà a confronto, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2002, pagina 143, nota 113.
[18] Ibidem, pagina 60, nota 92.
[19] Ibidem, pagina 67, nota 109.
[20] B. T. Doobs, The foundations of Newton’s Alchemy, in M. Eliade, citato, pagina 35.
[21] R. Westfall, citato in G. Galli, La Magia e il Potere, Lindau, Torino 2004, pagina 39 e nota 54.
[22] A. Trampus, La massoneria nell’età moderna, Editori Laterza, Roma-Bari 2001, pagina 14.
[23] M. Nicosia, La tradizione pitagorica e la Massoneria, in Le radici esoteriche della massoneria, Atanòr, Roma 2003, pagina 73.